Ecco il mio secondo racconto. Come il precedente, è una sorta di fiaba. Buona lettura!
Alvise Brugnolo
Alvise Brugnolo
Una storia di uomini e
draghi
Skrum e Gront erano a
caccia dal sorgere del sole e quando decisero di fermarsi per godere
delle loro conquiste, si era già fatto mezzogiorno e l'astro
dardeggiava al culmine del cielo.
Il bottino era più che
soddisfacente: un tenero vitello e tre grasse pecore, che avevano
arrostito al più presto a fuoco lento.
Addossati sul fianco di
un'ombrosa e verde montagna, i due amici sgranocchiavano lentamente
la carne, pacifici ed estremamente soddisfatti. Cominciavano ad
essere anziani e anche la più piccola azione che in gioventù
avrebbero eseguito senza particolare fatica, costava loro impegno e
concentrazione. Dopo aver mangiato e spolpato con attenzione le ossa
fino a farle luccicare, si stesero tra i ciuffi d'erba e fissarono a
lungo l'orizzonte, seguendo con lo sguardo gli stormi di uccelli che
iniziavano a migrare, spaventati dall'inverno imminente.
Skrum, che rispetto a
Gront era leggermente più giovane e conservava intatta la voglia di
imparare e di stupirsi, chiese all'amico:
«Narrami
ancora una volta quella leggenda che mi piace! Mi fa ricordare mia
madre, che me la raccontava molti anni fa, quando ancora non sapevo
nulla del mondo!»
Gront
avrebbe preferito dormire e godersi il silenzio, ma in virtù
dell'amicizia che lo legava a Skrum, iniziò a raccontare e il sole
nel frattempo compiva lentamente il suo arco.
“Molti
secoli fa esisteva un regno. E questo regno era la copia di mille
altri regni che disseminavano il mondo. Vi governava un monarca
onesto e lungimirante, che sapeva essere equanime verso tutti i suoi
sudditi, così da promuovere la pace sociale e favorire il progresso.
Sotto la sua guida, la civiltà crebbe stabile e prosperosa: le città
si arricchivano di torri bianche e di tetti multicolori; nuove strade
venivano realizzate per permettere lo scambio commerciale con altri
regni e la cultura fioriva e veniva incoraggiata, così che potesse
contribuire concretamente alla felicità di tutto il regno e non
rimanesse appannaggio di pochi dotti, capaci solo di esprimersi in
lingue arcaiche e sconosciute ai più. Le pestilenze si presentavano
raramente ormai, grazie alle misure sanitarie e alle scoperte
scientifiche ed ugualmente rare erano le carestie, sfavorite dalle
innovazioni introdotte nell'agricoltura.
Il
terzo flagello, la guerra, era tenuta lontana dai confini grazie ad
un esercito preparato e ad un solido scudo di alleanze diplomatiche,
forgiato con le altre potenze vicine nel corso dei secoli.
Era
quasi un'utopia finché non arrivarono i draghi. A lungo considerati
una leggenda per bambini, essi erano reali e giunsero durante la
notte, mettendo a ferro e fuoco i villaggi che sorgevano ai confini
del regno; l'oscurità si accese del loro fuoco ed essi portarono
sulla terra l'intensità e la ferocia del sole. Migliaia di profughi
terrorizzati si riversarono nelle città più vicine, ma anche queste
furono distrutte, dopo una resistenza durata alcuni giorni.
Alcuni
di quegli esseri furono uccisi, ma per uno che cadeva al suolo, altri
tre lo sostituivano: uscivano dalle asperità del terreno e da grotte
oscure e ignote agli uomini, nelle quali avevano vissuto per secoli
in una sorta di letargo. Il motivo per cui scelsero di uscire e
devastare il mondo, non è chiaro.
Tutti
i regni furono presto invasi e in meno di un mese le città vennero
distrutte e riarse: rimanevano solo gli scheletri fumanti degli
uomini e delle case ad additare il cielo.
Notizie
sempre più allarmanti giunsero alla capitale ed era solo questione
di giorni prima che quell'esercito di orrori volanti e corazzati
raggiungesse l'ultima città degli uomini rimasta.
Il
re aveva un'unica e disperata soluzione: recarsi dal potente mago
Vigyl che viveva come un eremita alle pendici del più alto monte
della regione. Partì da solo in groppa al suo migliore destriero e
cavalcò rapido senza mai fermarsi; raggiunse il piccolo e misero
tugurio del mago, la sera stessa del giorno in cui era partito.
Trovò
lo stregone accanto al fuoco, sveglio e intento a leggere un grosso
tomo, antico come la roccia erosa dai venti.
«Maestro,
scusate se sono giunto durante la notte come un tagliagole, ma ho
bisogno del vostro aiuto!» mormorò il re con grande rispetto.
Il
mago sorrise e i suoi piccoli occhi scintillarono di compassione.
Egli tuttavia non parlò e dopo aver poggiato il libro sulle
ginocchia, si mise a sorseggiare un decotto da una piccola tazza di
terracotta.
Il
re continuò a parlare, mentre il suo cuore si gonfiava d'ira e di
incredulità per lo scarso interesse che lo stregone gli stava
riservando.
«I
draghi stanno distruggendo il nostro mondo, dovete intervenire e
fermarli con la vostra potente magia!»
Vedendo
che il mago non gli rispondeva, il re perse il controllo e afferrato
l'altro per la tunica lo scaraventò sul tavolo, rovesciando
alambicchi e pozioni sul pavimento. Le sostanze chimiche fuoriuscite
dai contenitori rotti, reagirono tra loro e nella stanza si alzò una
nebbia violacea e mutevole.
Il
mago allora parlò, ma non c'era paura nella sua voce e nemmeno
astio.
«Non
interverrò amico mio. Infiniti cicli si sono conclusi e si
concluderanno ancora, sulla nostra terra e sulle altre terre che si
nascondono tra le pieghe del tempo e dello spazio. Così è la Vita:
imprevedibile e meravigliosa e tuttavia ingovernabile. Fino ad oggi
il mondo è stato in mano agli uomini, ma adesso è arrivato il tempo
dei draghi. Esso durerà molti eoni, finché anche i nostri
conquistatori spariranno e verranno consumati dalla potenza
inesorabile del vento. E forse un giorno ritorneranno gli uomini.
Nell'attesa, dobbiamo accettare il nostro destino. Saggio re, attendi
con me la nostra fine!»
Gront annuì soddisfatto
e grugnì.
«E'
sempre una bella storia!»
«Sì
è vero, ma è soltanto una leggenda.»
Si
era fatto tardi e il cielo sanguinava mentre il sole si tuffava rosso
e maestoso oltre le montagne. Per i due amici, era tempo di ritornare
nelle grotte umide e confortevoli. Skrum e Gront si alzarono e si
stiracchiarono, facendo scricchiolare la mascelle e schioccare le
code. Poi presero la rincorsa e spiccarono il volo, sparendo
silenziosi oltre gli alberi.