Un amore che finisce, la solitudine che avanza e, come una nebbia, ricopre tutto. Grigio Ghiaccio. Buona lettura. Alvise Brugnolo
La
luce dell'appartamento era soffusa. L'abat-jour sulla libreria del
salotto mandava flebili raggi, sottili come ragnatele, che si
proiettavano sul soffitto formando un complesso gioco di riflessi.
Jack si tolse le scarpe, il soprabito e il cappello. Fece tutto in
punta di piedi, per paura che Kim si fosse appisolata sul divano. Kim
invece era sveglia.
«Bentornato.
Come è andata al lavoro?» gli chiese la donna, con lo stesso tono
con cui si sarebbe rivolta ad un sintetizzatore vocale. L'uomo si
avvicinò e la baciò. Le labbra di Kim erano soffici, ma gelide.
«Tutto
bene.» rispose lui, pensieroso. Si piantò in mezzo alla stanza e
osservò la moglie, come se non la vedesse da tanto tempo. Era sempre
bellissima, nonostante fossero passati quindici anni dal loro
matrimonio. Aveva mantenuto il fisico tonico, statuario, che l'aveva
tanto eccitato nel giorno del loro primo incontro. I suoi capelli
erano ancora d'oro e non c'era nessun intruso bianco a rovinarli. Una
cosa però era cambiata. Il suo sorriso. Jack non ricordava più
l'ultima volta in cui Kim gli aveva sorriso. Era diventata grigia,
più grigia della città nei giorni di nebbia. Cosa succede,
avrebbe voluto chiederle, che cosa ti manca? Ma non aveva il
coraggio. Ti ho sempre dato tutto me stesso! Non ti è bastato?
Perché sei così triste? Fingeva di non sapere, ma aveva già la
risposta. Era così chiara. Kim non lo amava più. La donna gli aveva
mentito. Jack se lo ricordava ancora: in un giorno di pioggia, sotto
il tetto di una vecchia chiesa abbandonata, che quasi cadeva a pezzi,
Kim gli aveva promesso eterno amore. Per sempre, aveva detto.
Bugiarda! Giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, i suoi occhi
si erano spenti, come quelli di un moribondo. La sua voce si era
spenta, esaurita dietro ad un muro di silenzio e incomprensione. E'
per colpa dei bambini che non sono venuti? voleva chiederle Jack,
invece restò zitto. Ci avevano provato per anni, ma il test di
gravidanza aveva sempre distrutto le loro speranze. Li aveva fatti
crollare. E con il tempo non ci avevano provato nemmeno più. Erano
rimasti solo loro due e la casa enorme, che avevano acquistato
proprio in previsione dell'arrivo dei loro bambini. Illusi che
siamo! Avevano desiderato voci, giochi, pianti, ma invece avevano
solo stanze su stanze, vuote, con lettini vuoti, armadi vuoti,
scrivanie vuote, portalampade vuoti. Anche loro erano diventati
vuoti, pian piano, senza nemmeno accorgersene. Erano cambiati come la
città, sempre più grigia, troppi palazzi piovuti come tante piccole
tragedie, sempre meno spazio per vivere. Rivoglio quella che eri,
Kim! Avevi una fiamma per me. Che fine ha fatto? E' ancora accesa,
langue o è morta, morta, morta, morta, morta, morta, morta, morta,
morta, MORTA?
«Perché
mi guardi così?» domandò Kim, con voce piatta. Jack si sforzò di
sorridere. Non si era nemmeno accorto di essere rimasto in piedi,
come un pupazzo di legno, per almeno dieci minuti.
«Ti
guardo perché sei bella.» rispose, tremando per l'emozione come se
glielo stesse dicendo per la prima volta, in piedi, davanti agli
armadietti metallici della scuola. Sei bella. Si avvicinò al
divano, mentre Beethoven usciva dalle casse del sistema hi-fi,
indiavolato, passionale. Vivo. Jack si inginocchiò e le abbracciò
le gambe. Iniziò a baciarle, risalendo sempre più su, verso i
pantaloncini corti, che enfatizzavano le curve sode della donna. Kim
iniziò a ridere. Una risata che sembrava più una coltellata.
«Cosa
stai facendo? Non ne ho voglia.» rispose, algida. Risuonò come:
Cosa stai facendo? Non hai più diritto. Jack si rialzò,
ammosciato. Voleva aprire la bocca e gridare. Amiamoci! E' solo
questo che conta. La vita è una merda, ti fai un culo così per
guadagnare soldi altrimenti non hai futuro, lavori come un animale
fino a settant'anni e poi muori, e forse finisce tutto lì. Stare
assieme ed essere felici è la sola nostra salvezza. Invece restò
zitto. Si rialzò e si versò dello scotch, che consumò lentamente.
Tanto non gli piaceva neppure, lo beveva solo per sentirsi più uomo.
Kim era sempre lì, mummificata su quel divano. Jack guadagnava
abbastanza perché sua moglie potesse scegliere di non lavorare, e
lei col tempo ci aveva preso gusto. Se ne stava lì o al club. Al
club spettegolava e correva sulla cyclette, in compagnia di altre
donne, anche loro con soldi da sprecare in personal trainer e saune
bollenti. A casa poltriva sul divano, con le gambe lisce tese, e i
piedi accavallati sul pouf. Tra le mani giornali di gossip, di moda.
Cose futili, amorfe, pagine su pagine piene di colori, un inganno per
nascondere quello che stava dietro. Niente. Vite vuote.
«Hai
sentito di George?» esclamò improvvisamente Kim.
«Chi?»
rispose Jack, ancora assorto nel suo bicchiere. Kim sbuffò.
«Come
chi? Il figlio di William e Kate! Ma dove vivi?»
Già.
Dove vivo? Se vivere significava soltanto osservare la vita degli
altri da spettatori passivi, Jack era fiero di essere morto. Morto,
morto, morto, morto, MORTO. Come poteva Kim non vedere che la sua
vita si dileguava ogni giorno di più? Era come se fosse già morta.
Aveva tutto, ma non aveva niente. Perché i soldi non possono
comprare la felicità? Perché sei così cieca, Kim? si
chiese Jack e, dal momento che non aveva una risposta, si versò
altri due bicchieri di scotch, questa volta con ghiaccio. Si era
illuso, credendo che per loro ci fosse ancora speranza. Non ne
avevano mai avuta.
«Credo
che domani andrò a fare dello shopping con le mie amiche. Non ho più
scarpe da mettere.»
«Non
ho più scarpe da mettere? Ne hai un armadio pieno.» ribatté Jack,
non riuscendo a modulare la voce, che uscì rancorosa, tagliente. Kim
si voltò appena.
«Proprio
non capisci. Quest'anno va il grigio, e io ho solo rosso, verde!
Capisci? Verde!»
Grigio.
Il grigio non passa mai di moda. Tutto è grigio. Sei un fantasma
Kim. Credi di essere ancora nella tua casa, ma sei in un limbo, non
ti puoi più svegliare. Anche Jack comprese di essere un
fantasma. Viveva di ricordi. E solo i morti vivono di ricordi. I
ricordi sono illusioni, non danno emozioni e se le danno sono
falsate, increspate dal tempo, rese irriconoscibili dall'umore del
presente. Fantasmi. Ma Jack sapeva come combattere tutta
quella morte. Lo sapeva da anni. Il freddo si può sconfiggere.
Kim parlava ancora, elogiava la sfilata di un nuovo stilista svedese
dal nome impronunciabile, e la sua incredibile capacità di creare
vestiti assolutamente obbrobriosi ma proprio per questo così
sublimi, di una perfezione grottesca. Una mano scese furtiva sul
divano. Afferrò uno dei tanti cuscini grigi. La voce di Kim si
spezzò. Si dibatté a lungo sul divano. Sembrava che ci fosse ancora
vita in lei, ma Jack non si sarebbe fatto ingannare. Premette il
cuscino su quella bocca così fredda con ancora più forza. Ti
amo, avrebbe voluto dire, ti ho sempre amata, e lo sto facendo
per te, per noi. Invece rimase zitto.