Noi, nati e cresciuti negli anni ’90, abbiamo avuto modo di vedere la
rapida evoluzione del mondo dei videogame. Affermatosi già negli anni ’70,
questo unico e rivoluzionario media si è diffuso nelle nostre case grazie ai
computer e alle console, ormai giunte alla loro ottava generazione. Nati per
gioco come esperimenti universitari (ricorderemo il famosissimo e ormai storico
Pong), anno dopo anno i videogiochi
hanno guadagnato un sempre maggior realismo visivo, arrivando a toccare temi
maturi e a volte spinosi. I team di sviluppo si sono progressivamente allargati. I soldi
hanno iniziato a girare. Oggi i videogame sono un business che vale decine di
miliardi di dollari ed è forse per questo che, lentamente, la loro qualità si
sta inequivocabilmente abbassando. Oggi per fare un capolavoro è sufficiente una
grafica da urlo, un buon slogan pubblicitario e una massa di ragazzini incapaci
di riconoscere un prodotto buono da uno scadente.
Ma per chi, come me, è cresciuto negli anni ‘90 i capolavori sono ben
altri: sono i videogiochi che hanno segnato la nostra infanzia, quelli che ci
hanno emozionato, fatto divertire e a volte spaventato. Sono i videogiochi che
ci riportano alla mente il ricordo di come eravamo molti anni fa, quando la
vita scorreva meno turbolenta (o almeno così ci sembrava).
In particolare, i videogiochi della mia infanzia sono due: Abe’s Exoddus e Heart of Darkness, entrambi platform a scorrimento orizzontale.
Il primo, sequel di Abe’s Oddyssee
(1997), è l’avventura di Abe, un Mudokon (si tratta di un alieno con grandi
occhi gialli e la bocca mezza cucita) che deve salvare i propri compagni da una
malvagia multinazionale senza scrupoli, pronta a saccheggiare i cimiteri di
questi pacifici esseri per produrre con le loro ossa una bibita gasata.
Avvertito
in sogno (in realtà durante uno svenimento causato da un trauma cranico) dagli
spiriti umiliati dei propri avi, Abe partirà con alcuni compagni alla volta
dello Stabilimento Tempesta d’anime.
Salvare i propri compagni non sarà un’impresa facile, ovviamente, e il nostro
eroe sarà costretto a combattere contro vermi carnivori, guardie tentacolate
munite di fucile mitragliatore e tritacarne pronti a spappolarlo al minimo
passo falso. Il tutto cercando di far fuggire i propri compagni alienati,
costretti a lavorare come schiavi negli ambienti bui e insalubri degli
stabilimenti. L’ironia con cui sono gestite le vicende, la varietà delle
ambientazioni e la simpatia del protagonista, fanno di questo gioco un
autentico gioiellino (per chi fosse interessato, questo è il sito dell’imminente
remake in HD http://www.oddworld.com/oddworldgames/new-n-tasty/).
Il secondo gioco, Heart of
Darkness (1998) non si discosta molto dal precedente; si tratta infatti di
un platform il cui tema principale è sempre un salvataggio: Andy, spensierato
ragazzino dotato di una grande immaginazione, è costretto a viaggiare in un
mondo fantastico per salvare il proprio cane, Whiskey, rapito da un’orda di
neri demoni alati. Armato del proprio coraggio e di un fucile laser di sua
invenzione, Andy viaggerà in luoghi affascinanti e mortali per amore del suo
migliore amico. La particolarità di questo videogioco? Le morti atroci del
protagonista che sapevano veramente terrorizzare (e divertire) un bambino di
sette anni.
Che cosa c’entrano, mi direte voi, i videogiochi con un blog di scrittura?
C’entrano. Perché i videogame, nonostante molti li disprezzino, sono una forma
d’arte molto complessa, che sa coniugare l’immediatezza dell’arte visiva con la
musica e con lo storytelling (elemento in questo caso legato strettamente alla
letteratura). I videogame, proprio come un buon libro, possono farci viaggiare
in mondi di fantasia, ci affidano le armi giuste per affrontare i nostri demoni
interiori. Ci possono persino insegnare la storia (se non ci credete, visitate
questo sito http://valianthearts.ubi.com/game/it-it/home/index.aspx). Soprattutto, per chi ama scrivere, possono garantire combustibile per il fuoco
dell’immaginazione.
E voi? Quali sono i videogiochi più amati della vostra infanzia?
Commentate qui sotto e, se potete, condividete!
Alvise