Rimasto in quel punto esatto, al crocicchio di due strade che si congiungevano, il grosso carro attese che si facesse giorno inoltrato e che il sole, superate le vicine asperità dei Monti Verdeggianti, illuminasse tutta la vallata di un riverbero dorato degno delle più maestose cattedrali delle Lande di Mirabilia.
Solo un paio di
cornacchie notarono, sul far dell’alba, lo strano carrozzone che si avvicinava,
avvolto da una bruma rossiccia, alla vallata di Mistycreek. Erano da poco
passate le cinque del mattino, e il cielo era bianco come il ventre di una
vergine.
Una volta che il
carrozzone si fu avvicinato ai campi di granturco, dal suo interno proruppe il
rumore assordante di un campanaccio, al quale le due cornacchie reagirono con
quieta indifferenza. Agli occhi di due uccellacci neri, quello doveva essere
uno spettacolo di ben poco interesse, o almeno così avrebbero pensato gli
abitanti, se fossero passati da quelle parti e avessero osservato come i due
volatili si guardassero stolidamente l’un l’altro, senza proferir verso, con
quel paio di occhi senza fondo, vuoti e atri, come gocce di inchiostro su un
foglio ancora più nero. Che cosa ne potevano sapere, due cornacchie, di cosa
fosse un carrozzone e che cosa poteva mai importare, a loro, chi ci fosse
dentro e dove fosse diretto?
Non appena il
campanaccio smise di suonare, il carrozzone si fermò. E questo di certo era ben
strano, visto che, davanti al carrozzone, non c’erano né cavalli né asini e non
era facile capire che cosa gli avesse permesso di percorrere tutta la vallata
fino allo sperduto villaggio di Mistycreek. Rimasto in quel punto esatto, al
crocicchio di due strade che si congiungevano, il grosso carro attese che si
facesse giorno inoltrato e che il sole, superate le vicine asperità dei Monti
Verdeggianti, illuminasse tutta la vallata di un riverbero dorato degno delle
più maestose cattedrali delle Lande di Mirabilia.
Quando gli abitanti
di Mistycreek si svegliarono, ci misero un po’ di tempo ad accorgersi della
novità che li attendeva oltre i tetti delle loro casupole e oltre le mura
appuntite dei loro steccati. Fu Jamie, figlio di due contadini che vivevano da
quelle parti, a vedere per primo quel trabiccolo. Trafelato, perdendo scarpe,
cappello e le uova che doveva vendere al mercato, giunse in piazza gridando: «venite tutti quanti a
vedere fuori! C’è una cosa che… be’ venite e basta!»
«Cos’è, uno scherzo?» gridò qualcuno.
«Insomma, volete venire o
no?» ribatté
aspramente Jamie.
Ben presto, la
folla degli abitanti di Mistycreek si riunì davanti al carrozzone. Sembrava
quasi uno scrigno dei pirati, chiuso e muto, capitato lì per magia, come se
fosse piovuto dal cielo o cresciuto dal terreno durante la notte come una
barbabietola.
«Cosa pensate che sia?» mormorarono tra loro,
senza avere il coraggio di avvicinarsi e di bussare alla piccola porticina che
si apriva sul retro della “cosa”. Chiunque ci fosse dentro risparmiò loro la
fatica: ci fu un rumore metallico e la porticina, ad un tratto, si aprì. Dal
buio della carrozza venne stesa una scaletta di legno pieghevole e il
misterioso viaggiatore, finalmente, la scese.
Era un giovane e
affascinante uomo, vestito con un elegante abito damascato, lungo fino ai
piedi. In testa portava un turbante di quelli che indossano i ricchi principi
orientali e sul suo viso capeggiavano un paio di baffoni a ricciolo, strani e
intriganti. Tutta la sua persona, in fin dei conti, era strana e intrigante. Le
cornacchie, non appena il viaggiatore si palesò, diedero un gracchio
infastidito che si smorzò non appena vennero tempestate di sassolini e pezzi di
bottiglia. Indignate, spiccarono il volo e sparirono nella foresta.
«Benvenuti – esclamò il
giovane – all’emporio viaggiante di Jamal, il mercante di desideri!»
Un “ooooh” sincero
salì dalla folla. Le donne si abbracciarono ai mariti, in parte impaurite e in
parte eccitate, e i bambini si misero a battere le mani. Gli uomini, invece,
rimasero scettici quel poco che richiedeva la situazione.
«Mi scusi: cos’è che
vende?» domandò il
sindaco, che credeva di non aver sentito bene.
«Desideri, signori miei.
Desideri nel comodo formato da viaggio che si usa dalle mie parti.»
Detto questo, il
giovane mercante armeggiò con il fianco del carrozzone e aprì una finestrella
che, molti dei viaggiatori lo avrebbero giurato, prima non c’era. All’interno
il carrozzone consisteva in una serie di ripiani, di numerosi e lunghissimi
ripiani, che riempivano tutti i lati, eccetto quello della porta. Anche le ante
della finestra, quella che il mercante aveva appena aperto, erano costituite da
un numero imprecisato di mensole e cellette. Gli abitanti si avvicinarono,
incuriositi, e si misero a mormorare tra loro quando notarono cosa fossero gli
oggetti che il mercante trasportava: centinaia, migliaia di vasetti di vetro,
di dimensioni differenti, colmi di fumo dai colori altrettanto diversi, rosso,
giallo, viola, magenta, blu, nero… Sembravano pezzi di arcobaleno intrappolati
in prigioni di vetro.
«Ma mi faccia il piacere
– borbottò Ivan, il maniscalco, che era un uomo con i piedi per terra – e
quelli sarebbero i suoi desideri? Vasi pieni di fumo colorato?»
Jamal annuì, per
nulla risentito, e fece cenno all’omone di avvicinarsi. Lui accondiscese,
ondeggiando sulle sue gambone da orco. Quando fu a pochi metri dal carrozzone,
il mercante gli ordinò di fermarsi e si mise a scrutarlo. Se gli abitanti
fossero stati più attenti si sarebbero certo accorti che in quello sguardo si
nascondeva un’oscurità che non lasciava presagire nulla di buono, ma purtroppo
erano tutti attirati dalla policromia di quei misteriosi vasetti. Dopo qualche
minuto di osservazione, Jamal, annuendo con convinzione, afferrò uno di questi
contenitori (uno grande e tondo, pieno di vapore rosso) e lo consegnò
all’omone.
«Su, lo provi!» esclamò. Era certo che
quel particolare vasetto fosse perfetto per il maniscalco. D’altronde, leggere
le persone era il suo mestiere, ed era un mestiere che esercitava da molti
eoni.
Titubante, il
maniscalco svitò il tappo di sughero e, seguendo il consiglio del mercante,
aspirò un ricciolo di fumo rosso, giusto un pochino. Immediatamente, il suo
naso si dilatò e i suoi occhi, prima cupi e guardinghi, si accesero dello
stesso colore.
«Che cosa vede?» gli domandò Jamal,
mentre gli altri abitanti, galvanizzati, si riunivano attorno a lui.
Il maniscalco aveva
il viso trasognato.
«Vedo me stesso, in piedi
sulla prua di una nave, mentre mi dirigo verso terre lontane. Ho una spada
nella mano sinistra e al mio fianco pende la testa di una mostruosa gorgone.
Sono un cacciatore di mostri e la gente comune mi osanna.»
Poi le sue iridi
tornarono del suo solito colore nocciola.
«Oh, la prego, me ne dia
ancora.» supplicò,
mentre grosse lacrime gli scendevano dagli occhi porcini.
«Sicuro!» ribatté Jamal,
incitandolo ad aspirarne ancora «Qui
ce n’è per tutti!»
concluse poi, facendo cenno agli altri di avvicinarsi.
«Un momento – sbottò
acida la levatrice, un’anziana che ci vedeva più lungo degli altri – e quanto
costa questa, questa… roba?»
«Assolutamente nulla. Non
dovrete sborsare un solo centesimo. Mi basterà… prendere un ricordo da ognuno
di voi. Una… cosa da nulla.»
Non appena gli
abitanti sentirono che i vasetti erano gratuiti si lanciarono in massa verso il
carrozzone e Jamal dovette usare tutta la sua autorità per impedire che i
contenitori venissero rubati o presi a casaccio.
«Aspettate… su, su… mi
meraviglio di lei, commendatore: spingere così un ragazzino! E lei, Susanna,
dove crede di andare? No, quello non fa per lei, ascolti me. Fidatevi. Calma,
calma, signori. Ce n’è per tutti!»
Nessuno si
domandava come mai un mercante che veniva da una terra lontanissima conoscesse
così bene i loro nomi.
Nel giro di pochi
minuti, tutti quanti avevano il loro vasetto, donne, bambini, uomini e anziani,
e tutti, dopo averne aspirato il contenuto, si lasciavano trasportare dalle
visioni che il fumo suscitava davanti ai loro occhi. Amber sognava di fuggire
lontano e di lasciarsi alle spalle il suo amore perduto. Nicholas immaginava
che tutti lo rispettassero e la sua gamba destra, nei suoi sogni, non era
storta come nella realtà. Violet sognava di essere bellissima e di avere i
capelli biondi, lei che ce li aveva neri come le notte e per questo si odiava…
Ovunque, i sospiri
voluttuosi e rapiti della gente risuonavano nell’aria. Le due cornacchie,
appese al ramo di un platano, scuotevano tristemente la testa.
Mai, in tutta la
vallata dove sorgeva Mistycreek, c’erano stati così tanta felicità e godimento.
Poi, lentamente, le
risate, i sospiri e i gemiti scemarono. Gli abitanti tornarono a respirare il
fumo dai vasetti (sembrava non avere mai fine e, per quanto ne inalassero, i
contenitori non si svuotavano), ma, ad ogni respiro, le risate si facevano meno
forti, i sorrisi più amari, i sussulti più stiracchiati. Era come se le visioni
dei loro desideri soddisfatti non potessero più allietarli.
«Che sta succedendo,
signor Jamal?»
chiesero in coro. Ma il signor Jamal, con loro sorpresa, era sparito nel nulla,
lui e il suo strano carrozzone senza cavalli. A guidarlo, era ovvio, c’erano
due demoni stigei.
Allora, sul
villaggio calò un’ombra di dolore, di pianto e di rimpianto. Uno ad uno, gli
abitanti smisero di mangiare, di dormire, di parlare. Restarono muti e
immobili, chiusi in loro stessi, vittime e prigionieri di quelle visioni di
felicità che man mano scemavano di intensità, rivelandosi nella loro menzognera
artificiosità. E così, uno ad uno, gli abitanti di Mistycreek morirono. I loro
corpi giacquero e marcirono al crocicchio della strada e richiamarono corvi e
cornacchie.
Dall’altra parte
della vallata, il mercante di morte Jamal riempiva vasetti appena disigillati
di vapori nuovi di zecca: le anime di chi era morto del suo inganno, laggiù,
nella valle dorata di Mistycreek. Merce nuova, con cui creare desideri ancora
più potenti, ancora più ipnotizzanti, a cui nessuno sarebbe mai riuscito a
sfuggire. Con una risata lugubre, che suscitò un’eco fra le montagne nebbiose,
Jamal sparì. Dove fosse diretto, neppure gli dèi lo potevano sapere.
Due cornacchie
spiarono il carrozzone che si allontanava, sparendo nella nebbia rossa in cui
era arrivato.
«Che essere spregevole!» borbottò la cornacchia
a sinistra.
«Tu dici? È spregevole, certo, ma
neppure gli abitanti sono stati da meno.»
«Che intendi dire?» chiese l’altra,
saltellando sulle sue zampette nere.
«Oh, be’… erano talmente
ciechi che non si sono resi conto che i loro desideri potevano realizzarli da
sé, senza il bisogno di nessuno.»
«Davvero?»
«Sì, davvero. Ivan, il
maniscalco, non era forse amato dalla gente, perché si prendeva cura dei
cavalli? Aveva forse bisogno di diventare un eroe, quando già era così
ammirato? E Tristan, il garzone, che sognava di amori impossibili, non si era
accorto di come Lelia lo guardasse, quando il sole andava a tramontare oltre le
montagne o quando la notte bussava alle porte del cielo con le sue mani di
vento? E Susanna, che sognava di cambiare il mondo, non si era accorta che suo
figlio, Taddeus, stava crescendo sano e intelligente e che un giorno non troppo
lontano avrebbe potuto, insieme ad altri mille giovani, lottare per un mondo
migliore e conquistare la libertà? Come vedi, Becconero, gli uomini non sono
mai felici di quello che hanno.»
«Oh, tutta questa storia
mi ha rattristato molto.»
ammise Becconero, scuotendo inutilmente le penne.
«È vero, ma non ci
pensare. Su, andiamo a beccare qualche occhio prima che arrivino i vermi.»