giovedì 27 agosto 2015

Il mercante di desideri

Rimasto in quel punto esatto, al crocicchio di due strade che si congiungevano, il grosso carro attese che si facesse giorno inoltrato e che il sole, superate le vicine asperità dei Monti Verdeggianti, illuminasse tutta la vallata di un riverbero dorato degno delle più maestose cattedrali delle Lande di Mirabilia.




Solo un paio di cornacchie notarono, sul far dell’alba, lo strano carrozzone che si avvicinava, avvolto da una bruma rossiccia, alla vallata di Mistycreek. Erano da poco passate le cinque del mattino, e il cielo era bianco come il ventre di una vergine.
Una volta che il carrozzone si fu avvicinato ai campi di granturco, dal suo interno proruppe il rumore assordante di un campanaccio, al quale le due cornacchie reagirono con quieta indifferenza. Agli occhi di due uccellacci neri, quello doveva essere uno spettacolo di ben poco interesse, o almeno così avrebbero pensato gli abitanti, se fossero passati da quelle parti e avessero osservato come i due volatili si guardassero stolidamente l’un l’altro, senza proferir verso, con quel paio di occhi senza fondo, vuoti e atri, come gocce di inchiostro su un foglio ancora più nero. Che cosa ne potevano sapere, due cornacchie, di cosa fosse un carrozzone e che cosa poteva mai importare, a loro, chi ci fosse dentro e dove fosse diretto?
Non appena il campanaccio smise di suonare, il carrozzone si fermò. E questo di certo era ben strano, visto che, davanti al carrozzone, non c’erano né cavalli né asini e non era facile capire che cosa gli avesse permesso di percorrere tutta la vallata fino allo sperduto villaggio di Mistycreek. Rimasto in quel punto esatto, al crocicchio di due strade che si congiungevano, il grosso carro attese che si facesse giorno inoltrato e che il sole, superate le vicine asperità dei Monti Verdeggianti, illuminasse tutta la vallata di un riverbero dorato degno delle più maestose cattedrali delle Lande di Mirabilia.

Quando gli abitanti di Mistycreek si svegliarono, ci misero un po’ di tempo ad accorgersi della novità che li attendeva oltre i tetti delle loro casupole e oltre le mura appuntite dei loro steccati. Fu Jamie, figlio di due contadini che vivevano da quelle parti, a vedere per primo quel trabiccolo. Trafelato, perdendo scarpe, cappello e le uova che doveva vendere al mercato, giunse in piazza gridando: «venite tutti quanti a vedere fuori! C’è una cosa che… be’ venite e basta!»
«Cos’è, uno scherzo?» gridò qualcuno.
«Insomma, volete venire o no?» ribatté aspramente Jamie.
Ben presto, la folla degli abitanti di Mistycreek si riunì davanti al carrozzone. Sembrava quasi uno scrigno dei pirati, chiuso e muto, capitato lì per magia, come se fosse piovuto dal cielo o cresciuto dal terreno durante la notte come una barbabietola.
«Cosa pensate che sia?» mormorarono tra loro, senza avere il coraggio di avvicinarsi e di bussare alla piccola porticina che si apriva sul retro della “cosa”. Chiunque ci fosse dentro risparmiò loro la fatica: ci fu un rumore metallico e la porticina, ad un tratto, si aprì. Dal buio della carrozza venne stesa una scaletta di legno pieghevole e il misterioso viaggiatore, finalmente, la scese.
Era un giovane e affascinante uomo, vestito con un elegante abito damascato, lungo fino ai piedi. In testa portava un turbante di quelli che indossano i ricchi principi orientali e sul suo viso capeggiavano un paio di baffoni a ricciolo, strani e intriganti. Tutta la sua persona, in fin dei conti, era strana e intrigante. Le cornacchie, non appena il viaggiatore si palesò, diedero un gracchio infastidito che si smorzò non appena vennero tempestate di sassolini e pezzi di bottiglia. Indignate, spiccarono il volo e sparirono nella foresta.
«Benvenuti – esclamò il giovane – all’emporio viaggiante di Jamal, il mercante di desideri!»
Un “ooooh” sincero salì dalla folla. Le donne si abbracciarono ai mariti, in parte impaurite e in parte eccitate, e i bambini si misero a battere le mani. Gli uomini, invece, rimasero scettici quel poco che richiedeva la situazione.
«Mi scusi: cos’è che vende?» domandò il sindaco, che credeva di non aver sentito bene.
«Desideri, signori miei. Desideri nel comodo formato da viaggio che si usa dalle mie parti.»
Detto questo, il giovane mercante armeggiò con il fianco del carrozzone e aprì una finestrella che, molti dei viaggiatori lo avrebbero giurato, prima non c’era. All’interno il carrozzone consisteva in una serie di ripiani, di numerosi e lunghissimi ripiani, che riempivano tutti i lati, eccetto quello della porta. Anche le ante della finestra, quella che il mercante aveva appena aperto, erano costituite da un numero imprecisato di mensole e cellette. Gli abitanti si avvicinarono, incuriositi, e si misero a mormorare tra loro quando notarono cosa fossero gli oggetti che il mercante trasportava: centinaia, migliaia di vasetti di vetro, di dimensioni differenti, colmi di fumo dai colori altrettanto diversi, rosso, giallo, viola, magenta, blu, nero… Sembravano pezzi di arcobaleno intrappolati in prigioni di vetro.
«Ma mi faccia il piacere – borbottò Ivan, il maniscalco, che era un uomo con i piedi per terra – e quelli sarebbero i suoi desideri? Vasi pieni di fumo colorato?»
Jamal annuì, per nulla risentito, e fece cenno all’omone di avvicinarsi. Lui accondiscese, ondeggiando sulle sue gambone da orco. Quando fu a pochi metri dal carrozzone, il mercante gli ordinò di fermarsi e si mise a scrutarlo. Se gli abitanti fossero stati più attenti si sarebbero certo accorti che in quello sguardo si nascondeva un’oscurità che non lasciava presagire nulla di buono, ma purtroppo erano tutti attirati dalla policromia di quei misteriosi vasetti. Dopo qualche minuto di osservazione, Jamal, annuendo con convinzione, afferrò uno di questi contenitori (uno grande e tondo, pieno di vapore rosso) e lo consegnò all’omone.
«Su, lo provi!» esclamò. Era certo che quel particolare vasetto fosse perfetto per il maniscalco. D’altronde, leggere le persone era il suo mestiere, ed era un mestiere che esercitava da molti eoni.
Titubante, il maniscalco svitò il tappo di sughero e, seguendo il consiglio del mercante, aspirò un ricciolo di fumo rosso, giusto un pochino. Immediatamente, il suo naso si dilatò e i suoi occhi, prima cupi e guardinghi, si accesero dello stesso colore.
«Che cosa vede?» gli domandò Jamal, mentre gli altri abitanti, galvanizzati, si riunivano attorno a lui.
Il maniscalco aveva il viso trasognato.
«Vedo me stesso, in piedi sulla prua di una nave, mentre mi dirigo verso terre lontane. Ho una spada nella mano sinistra e al mio fianco pende la testa di una mostruosa gorgone. Sono un cacciatore di mostri e la gente comune mi osanna.»
Poi le sue iridi tornarono del suo solito colore nocciola.
«Oh, la prego, me ne dia ancora.» supplicò, mentre grosse lacrime gli scendevano dagli occhi porcini.
«Sicuro!» ribatté Jamal, incitandolo ad aspirarne ancora «Qui ce n’è per tutti!» concluse poi, facendo cenno agli altri di avvicinarsi.
«Un momento – sbottò acida la levatrice, un’anziana che ci vedeva più lungo degli altri – e quanto costa questa, questa… roba?»
«Assolutamente nulla. Non dovrete sborsare un solo centesimo. Mi basterà… prendere un ricordo da ognuno di voi. Una… cosa da nulla.»
Non appena gli abitanti sentirono che i vasetti erano gratuiti si lanciarono in massa verso il carrozzone e Jamal dovette usare tutta la sua autorità per impedire che i contenitori venissero rubati o presi a casaccio.
«Aspettate… su, su… mi meraviglio di lei, commendatore: spingere così un ragazzino! E lei, Susanna, dove crede di andare? No, quello non fa per lei, ascolti me. Fidatevi. Calma, calma, signori. Ce n’è per tutti!»
Nessuno si domandava come mai un mercante che veniva da una terra lontanissima conoscesse così bene i loro nomi.
Nel giro di pochi minuti, tutti quanti avevano il loro vasetto, donne, bambini, uomini e anziani, e tutti, dopo averne aspirato il contenuto, si lasciavano trasportare dalle visioni che il fumo suscitava davanti ai loro occhi. Amber sognava di fuggire lontano e di lasciarsi alle spalle il suo amore perduto. Nicholas immaginava che tutti lo rispettassero e la sua gamba destra, nei suoi sogni, non era storta come nella realtà. Violet sognava di essere bellissima e di avere i capelli biondi, lei che ce li aveva neri come le notte e per questo si odiava…
Ovunque, i sospiri voluttuosi e rapiti della gente risuonavano nell’aria. Le due cornacchie, appese al ramo di un platano, scuotevano tristemente la testa.
Mai, in tutta la vallata dove sorgeva Mistycreek, c’erano stati così tanta felicità e godimento.
Poi, lentamente, le risate, i sospiri e i gemiti scemarono. Gli abitanti tornarono a respirare il fumo dai vasetti (sembrava non avere mai fine e, per quanto ne inalassero, i contenitori non si svuotavano), ma, ad ogni respiro, le risate si facevano meno forti, i sorrisi più amari, i sussulti più stiracchiati. Era come se le visioni dei loro desideri soddisfatti non potessero più allietarli.
«Che sta succedendo, signor Jamal?» chiesero in coro. Ma il signor Jamal, con loro sorpresa, era sparito nel nulla, lui e il suo strano carrozzone senza cavalli. A guidarlo, era ovvio, c’erano due demoni stigei.
Allora, sul villaggio calò un’ombra di dolore, di pianto e di rimpianto. Uno ad uno, gli abitanti smisero di mangiare, di dormire, di parlare. Restarono muti e immobili, chiusi in loro stessi, vittime e prigionieri di quelle visioni di felicità che man mano scemavano di intensità, rivelandosi nella loro menzognera artificiosità. E così, uno ad uno, gli abitanti di Mistycreek morirono. I loro corpi giacquero e marcirono al crocicchio della strada e richiamarono corvi e cornacchie.
Dall’altra parte della vallata, il mercante di morte Jamal riempiva vasetti appena disigillati di vapori nuovi di zecca: le anime di chi era morto del suo inganno, laggiù, nella valle dorata di Mistycreek. Merce nuova, con cui creare desideri ancora più potenti, ancora più ipnotizzanti, a cui nessuno sarebbe mai riuscito a sfuggire. Con una risata lugubre, che suscitò un’eco fra le montagne nebbiose, Jamal sparì. Dove fosse diretto, neppure gli dèi lo potevano sapere.

Due cornacchie spiarono il carrozzone che si allontanava, sparendo nella nebbia rossa in cui era arrivato.
«Che essere spregevole!» borbottò la cornacchia a sinistra.
«Tu dici? È spregevole, certo, ma neppure gli abitanti sono stati da meno.»
«Che intendi dire?» chiese l’altra, saltellando sulle sue zampette nere.
«Oh, be’… erano talmente ciechi che non si sono resi conto che i loro desideri potevano realizzarli da sé, senza il bisogno di nessuno.»
«Davvero?»
«Sì, davvero. Ivan, il maniscalco, non era forse amato dalla gente, perché si prendeva cura dei cavalli? Aveva forse bisogno di diventare un eroe, quando già era così ammirato? E Tristan, il garzone, che sognava di amori impossibili, non si era accorto di come Lelia lo guardasse, quando il sole andava a tramontare oltre le montagne o quando la notte bussava alle porte del cielo con le sue mani di vento? E Susanna, che sognava di cambiare il mondo, non si era accorta che suo figlio, Taddeus, stava crescendo sano e intelligente e che un giorno non troppo lontano avrebbe potuto, insieme ad altri mille giovani, lottare per un mondo migliore e conquistare la libertà? Come vedi, Becconero, gli uomini non sono mai felici di quello che hanno.»
«Oh, tutta questa storia mi ha rattristato molto.» ammise Becconero, scuotendo inutilmente le penne.
«È vero, ma non ci pensare. Su, andiamo a beccare qualche occhio prima che arrivino i vermi.»


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