Si avvicinano l’estate, il caldo,
le coppette gelato da tre euro e cinquanta, gli esami, e a me, puntualmente,
passa la voglia di scrivere. Matematico. In attesa che mi venga qualche buona
idea, voglio parlarvi di un film che ho visto recentemente e che, nonostante
alcune critiche leggiucchiate qua e là per il web, mi è piaciuto molto. Si
tratta de L’arcano incantatore, film
horror nostrano del (lontano) 1996. Il regista è Pupi Avati, che molti di voi
conosceranno già, oltre che per Il cuore
altrove e Il papà di Giovanna,
anche per due film d’orrore diventati ormai un cult: La casa dalle finestre che ridono (1976) e Zeder (1983).
Ma torniamo al nostro film. Che
cosa rende così particolare L’arcano
incantatore? Semplice: il concetto di paura “tutta italiana” che il regista
è riuscito a tessere. Mi spiego meglio. Non ci sono mostri “di genere” ne L’arcano incantatore: nessuno zombie,
nessun maniaco omicida mascherato armato di coltello, nessuna ragazzina
cadaverica uscita fuori da un pozzo... C’è, piuttosto, un’atmosfera rurale,
arida, misteriosa, piena di miti e leggende che traggono linfa vitale dal ricco
folclore italiano. La genialità di questo film è stata proprio quella di
puntare tutto su un concetto di paura che ci appartiene, che fa parte del nostro
DNA. La dimensione horror del film si gioca su pochi, validi ingredienti: uno
spretato, esiliato per le sue ricerche sull'occulto; un giovane seminarista,
colpevole di aver sedotto e messo incinta una donna; una biblioteca stipata di
libri malvagi, in grado di evocare demoni infernali della peggior specie. E poi
presenze, scricchiolii, apparizioni… Il tutto sullo sfondo della campagna
bolognese del XVIII secolo. Una storia semplice, troppo semplice per alcuni, ma
per spaventare basta e avanza: che cosa fa più paura, in fondo, a noi italiani,
se non una “fola” che parla di spettri che si aggirano per le campagne, di
demoni e di riti sacrileghi, e in cui il meccanismo della paura si attiva nel
momento in cui il tabù religioso viene infranto o dissacrato? Ecco che gli
ingredienti si mescolano e il risultato è un film che sa davvero stregare (non
a caso Guillermo del Toro ne ha parlato con toni entusiastici durante
un’intervista al Los Angeles Film Festival). Certo: è un film a basso budget,
c’è povertà di mezzi, la recitazione non è sempre all'altezza, tuttavia la
scelta di raccontare una storia horror donandole una forte personalità paga, e
molto anche. Vedere per credere.
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