Baba dok dok dooook
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Il Babadook
Per un amante
dell’horror, Babadook era un appuntamento immancabile e io, ovviamente, non me
lo sono perso. È
opportuno precisare una cosa, però: Babadook non è l’horror più spaventoso
degli ultimi anni. Definirlo in questo modo è stata una mera manovra
commerciale, per di più una scelta infelice visto che ha creato false
aspettative in chi, entrando al cinema, pensava di fare i soliti insulsi salti
sulla sedia. Babadook è, senza se e senza ma, un film girato magistralmente,
con una grande personalità, come non se ne vedevano da tanto tempo. Un ritorno
all’horror vecchia scuola, più psicologico che granguignolesco. Perché,
diciamoci la verità, tutti noi ci siamo rotti le scatole di film come Annabelle o The Possession, dove la tensione (ossia la vera protagonista di un
film horror) viene affogata da litri e litri di sangue e dalle grida più o meno
ridicole dell’indemoniato/a di turno.
Con Babadook è
diverso. Guardare Babadook significa entrare nella quotidianità malata di
Amelia, una povera donna vedova da sei anni, costretta a lavorare come
infermiera e allo stesso tempo a crescere da sola un bambino ingestibile,
Samuel. Il duro lavoro, le scenate isteriche del suo bambino, la vita perfetta
(o che appare tale) della sorella egoista, gonfiano il risentimento e la follia
di questa povera donna. In fondo, e questo non fa che potenziare il senso di
frustrazione e di angoscia che pervade il film, Amelia è sola. Sempre.
Le cose non
migliorano dopo il ritrovamento di un misterioso e cupo libro di favole,
infilato da chissà chi nella libreria. Un libro mostruoso, che parla di questo Babadook,
una specie di babau dalla forma non ben precisata, che terrorizza sia Amelia
che Samuel. Liberarsi del
libro è impossibile, persino bruciarlo non risolve nulla. E pian piano, proprio
come il libro profetizzava, il mostro comincia a farsi vedere, a sbucare dagli
angoli bui e da dietro le porte…
Gli ingredienti per un gran film
ci sono tutti e Babadook non delude. La regista, Jennifer Kent, qui al suo
primo lungometraggio, ci sa fare, diamine se ci sa fare. E, la cosa che rende
Babadook il film horror dell’anno, è che il senso del film non si esaurisce
nello spavento fine a se stesso, affatto: il mostro stesso, questo buio e
serpeggiante Babadook, è la metafora di qualcos’altro, è un concentrato di
dolore, di delusione, di solitudine. È la parte più buia che perseguita Amelia
dalla morte del marito, che non la lascia respirare da sei anni, che soffoca
ogni suo sentimento positivo nelle tenebre della gelosia. Capite già da queste
premesse che Babadook non è un film adatto a tutti, di certo non da chi
considera Hostel un film horror. Non
ci sono “botti improvvisi” in questo film, ma una paura più sottile, meno
appariscente, un tipo di paura che i film horror di questa generazione non sono
più in grado di dare. Chi è uscito dal cinema dicendo “non mi ha fatto paura”
oppure “il finale è proprio brutto” o ancora "questo film è una schifezza" significa che di horror non ne capisce
niente e forse nemmeno di film in generale. O, ancora peggio, è cresciuto con quelle baggianate che oggi vengono spacciate come film horror, ma che non sono altro che film di serie B pieni di cliché.
Che altro dire? Ho già parlato
troppo e non voglio rovinarvi il finale. Perciò… Un saluto e buon ba-ba-dok-dok a tutti!
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