Un racconto di fantascienza da leggere tutto d'un fiato. Troppo diversi. Buona lettura.
Alvise Brugnolo
Il
giorno più importante per l'intera umanità era finalmente arrivato.
Il disco volante era atterrato, senza dare troppo nell'occhio, nei
pressi di Washington. Appena il velivolo aveva toccato terra, gli
schermi che lo nascondevano alla vista dei terrestri si erano spenti,
e l'astronave, di colpo, era diventata visibile. Si trattava di una
gigantesca corvetta da ambasciata, un'astronave pacifica e che
tuttavia, in caso di conflitto bellico, poteva contare su missili
termici con una potenza tale che avrebbero fatto impallidire chiunque
avesse cercato di studiarli secondo gli standard terrestri.
Le
autorità della Terra erano arrivate subito, con automobili, furgoni
e carri armati, e gli alieni, dopo aver dimostrato le loro intenzioni
pacifiche (con tanto di bandiere bianche e musica dai toni pacati e
new age), erano stati caricati su uno scuolabus giallo dai vetri
oscurati. L'obbiettivo di quella missione di trasporto era solo uno:
raggiungere la Casa Bianca senza intoppi e nella massima segretezza
possibile.
Il
presidente, nel frattempo, se ne stava in piedi immobile con il naso
appiccicato contro una delle finestre dello Studio Ovale, e
tratteneva a stento una risata. Non stava più nella pelle, tanto
che, dimentico del suo ruolo, si era messo a saltare più volte sul
divano bianco della sala, senza neppure premunirsi di togliere le
scarpe per evitare di sporcare la tappezzeria immacolata. Era il 46°
presidente degli Stati Uniti d'America, ma soltanto lui avrebbe avuto
l'onore di vivere quel giorno, un giorno di conquista, nel quale
l'umanità avrebbe raggiunto un nuovo grado di consapevolezza sulla
propria origine e sul mistero dell'universo, riuscendo, era ciò che
lui si augurava, a risolvere i problemi che più la affliggevano.
Il
convoglio comparve all'orizzonte. Un autobus giallo, scortato da una
decina di lussuose automobili nere. Se l'obbiettivo era di non dare
nell'occhio, il presidente non era certo che fosse stato portato a
termine a dovere. Almeno, osservò con sollievo, i suoi ospiti erano
arrivati sani e salvi, e senza ammazzare nessuno, per giunta.
In
meno di due minuti tutto era pronto per il grande incontro. Le porte
di legno dello studio si aprirono con cerimoniosa lentezza. Ed ecco,
subito dopo una processione di agenti speciali armati di tutto punto,
entrare l'ambasciatore alieno col suo seguito. In totale erano
cinque. Le quattro guardie del corpo indossavano un bizzarro casco
dalla forma elicoidale, ma l'ambasciatore aveva il viso scoperto e
ben visibile. Era a dir poco stravagante. Aveva tanti occhi, forse un
centinaio, tutti sparsi a raggiera su quello che, ad occhio e croce,
doveva essere il suo viso. Nessuna bocca, soltanto una proboscide
simile a quella di un formichiere, lunga all'incirca quaranta
centimetri, che dondolava, in modo assurdo, ad ogni passo
dell'alieno. Il resto del corpo che non era nascosto da una tuta
spaziale color pervinca, era coperto da una lanugine color creme
caramel. Si capiva, dal contegno con cui camminava, che l'alieno era
uno degli individui più influenti del suo mondo, forse addirittura
il più potente.
I
due capi si avvicinarono, fissandosi negli occhi a lungo. Poi si
strinsero la mano ed entrambi provarono un brivido di orgogliosa
commozione.
«É
per noi un motivo di gioia immensa potervi conoscere.» iniziò il
presidente. L'alieno, la cui proboscide terminava con un congegno di
piccole dimensioni, rispose a tono e nella lingua corretta.
Evidentemente la sua civiltà era tanto avanzata da aver ideato un
traduttore vocale simultaneo.
«Salute
a voi, terrestre. Credevamo di essere soli nell'universo, ma
recentemente abbiamo captato un vostro segnale e abbiamo fatto rotta
su questo pianeta blu. Siamo qui per imparare dalla vostra civiltà e
lasciare che anche voi impariate dalla nostra.»
Il
presidente ringraziò con un cenno del capo.
«Anche
noi credevamo di essere gli unici. Ma ora che siete qui le nostre
civiltà non possono che prosperare. In pace.»
L'alieno
assentì vigorosamente.
«Già,
la pace. Siamo partiti alla ricerca di vita intelligente proprio per
questo: perché una civiltà diversa dalla nostra potesse insegnarci
a vivere in armonia.»
«Oh,
ciò è un vero peccato. Noi non siamo messi molto bene, in fatto di
pace. Dirò di più: speravamo anche noi che qualcun altro potesse
indicarci la via giusta.»
L'alieno
emise un verso di dolorosa accettazione. Il presidente, non volendo
perdere l'occasione di mostrarsi empatico e magnanimo, domandò
subito dopo:
«Che
genere di conflitti avete dunque sul vostro pianeta?»
«Di
tutti i tipi – rispose l'altro – principalmente conflitti fra
Stati e guerre per il possesso delle risorse. Anche voi?»
«Guerre
fra Stati e per il possesso di risorse? Sono all'ordine del giorno!
In questo siamo davvero simili.» ribatté il presidente.
«Stupefacente...
– mormorò l'alieno – e per quanto riguarda i conflitti
religiosi?».
«Pffff...
ogni giorno, in nome di un dio diverso, vengono compiute stragi e
commessi infanticidi. Proprio stamattina, in Siria, sono state
trucidate almeno una quindicina di persone.»
«Terribile...»
«Vero,
ma qui sulla Terra ci si combatte anche per il colore della pelle e
per il sesso. Anche da voi?»
L'alieno
annuì, socchiudendo gli occhi come se vivesse costantemente
perseguitato da una cefalea cronica.
«Il
mio popolo è di tre colori: arancione, viola e grigio. I Grigi
odiano a morte i Viola, gli Arancioni disprezzano con tutte le loro
forze i Grigi, e i Viola detestano tutti quanti e cercano ogni giorno
di farsi esplodere da qualche parte. Ma non è tutto: cicli e cicli
fa, un potente politico Arancione, convinto della legittimità della
propria razza, deportò quanti più Grigi e Viola poteva in alcuni
luoghi appositi, e qui li uccise in massa... É un episodio di cui ci
vergogniamo ancora molto. Mi auguro che voi non...»
Il
presidente fece per aprir bocca, ma preferì restarsene zitto. Seguì
un lungo e imbarazzante momento di silenzio, interrotto soltanto dal
congegno sulla proboscide dell'alieno che, evidentemente, fungeva
anche da efficace respiratore. Fu il presidente a interrompere
quell'attesa pesante come una nube tossica.
«Sono
davvero imbarazzato. Io... io...» balbettò improvvisamente,
sistemandosi il nodo della cravatta in modo che fosse il meno
spiegazzato possibile. L'alieno agitò le braccia in un gesto di
umile scusa.
«Non
dica così. Sono io ad esserlo. Chissà cosa ci eravamo messi in
testa quando abbiamo captato il vostro segnale.» ribatté,
sfregandosi la proboscide con aria pensosa. Il presidente si fece
avanti con aria amichevole.
«Davvero,
le assicuro che sono io quello più dispiaciuto. Chissà cosa ci
aspettavamo noi, da voi... Il fatto è che la mia gente... gli uomini
si combattono già fra loro, vicini contro vicini, fratelli contro
fratelli, marito contro moglie... cosa potrà mai succederà fra le
nostre due specie? Fra noi, che siamo così... così...
indiscutibilmente... diversi.»
«La
guerra più cruda e selvaggia a cui l'universo abbia mai potuto
assistere, senza dubbio! Sono d'accordo con voi: non ci potrà mai
essere qualcosa di buono dalla nostra amicizia.» rispose l'alieno,
scuotendo sconsolato la testa. Alle sue spalle le quattro guardie in
tuta spaziale sospirarono in coro.
«Allora...»
iniziò il presidente.
«Allora
fingeremo di non esserci mai incontrati. Io me ne tornerò sul mio
pianeta e dirò di non aver trovato nulla di interessante...»
«E
io – aggiunse il presidente – mi batterò affinché non trapeli
nulla su di voi. É meglio che la gente non sappia. A volte
l'ignoranza è un bene.»
L'alieno
assentì. Un'ultima stretta di mano, e l'ambasciata aliena era già
in procinto di partire. Il viaggio sarebbe durato almeno
cinquant'anni terrestri, e perciò la corvetta era stata progettata
per contenere fino ad una ventina di vasche per la criostasi. Prima
che i visitatori salissero sull'autobus e se ne andassero per sempre,
il presidente si avvicinò per l'ultima volta, allungando la mano.
«Volevo
augurarle Buon Natale!» disse.
«Cos'è
il Natale?» rispose l'alieno, strabuzzando i suoi cento occhi.
L'uomo
sorrise amaramente.
«Lasci
stare. Buon viaggio.»
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