venerdì 31 gennaio 2014

ROULETTE LETTERARIA – Complesso, modello, sonnolenza

Sì, lo ammetto. Sono masochista. Altrimenti come potrei spiegare la sfida letteraria in cui mi sono volontariamente buttato a capofitto? L'idea mi è venuta durante una giornata di pioggia e acqua alta. Assalito dalla noia e in un momento di carenza creativa, ho pensato che sarebbe stato divertente selezionare tre parole a caso dal dizionario e con quelle provare a scrivere un racconto. Ebbene, nasce così la roulette letteraria, una sfida che saprà, almeno spero, esercitare le mie capacità creative. Le parole di questa prima sfida, rigorosamente scelte dal caso, sono: complesso, modello e sonnolenza. Divertente, non vi pare? E sia: che la sfida cominci. Tre, due, uno e... BUM!





Il mondo non ti aspetta. Questa è l'unica verità. E Jack, un occhialuto studente di Soulsport da poco entrato nella pubertà, aveva imparato questa amara lezione a proprie spese. Correre, correre, correre. La società moderna non era che una corsa, pericolosa, senza riposo, e spesso vana. A volte si correva per raggiungere un obiettivo, a volte per fuggire da qualcosa. Il padre di Jack, Jules Williamson, era uno di quelli che aveva scelto, non certo per coraggio, di fuggire. Aveva lasciato suo figlio e sua moglie, la scialba e pallida Gertie Rowland, senza pensarci un attimo. Salito su un autobus in un giorno di festa, se n'era andato insieme al temporale e non si era fatto più vedere. Questo era quanto. Ma Jack, a differenza di suo padre, non amava correre, né ci aveva mai provato. Jack adorava dormire. O meglio: adorava farlo perché non poteva fare altrimenti. La sua vita, da quando apriva gli occhi al mattino fino a quando li richiudeva la sera, non era altro che il prolungamento di un sogno destinato a durare tutta una vita. Nelle ore di ginnastica, quando i suoi compagni giocavano a calcio, Jack si rannicchiava in un angolo della panca delle riserve e lì, mentre la testa gli ciondolava verso il basso, non poteva fare a meno di sentirsi una nullità. Si era sempre sentito inferiore, convinto che mai e poi mai, se non nei suoi sogni, sarebbe riuscito ad essere qualcosa di più che un gracilino ragazzo di periferia, un fallito destinato ad una vita di solitudine. Guardava gli altri coetanei passarsi il pallone senza mai fargli toccare terra, saltare agili in alto, scartarsi con abilità, infine segnare, facendo tremare i pali della porta peggio che durante un terremoto. E uno se la cavava meglio di tutti gli altri: lo statuario Stuart Dalton. Stuart Dalton, il più fico e popolare della scuola; un metro e ottanta di pura avvenenza muscolare. Stuart il modello.
Stuart aveva dato il via alla sua carriera prematuramente, comparendo nello spot di una famosa marca di merendine al cioccolato. A quindici anni era già un modello affermato e nessuno avrebbe mai potuto dubitarne: era bello, alto e snello, con gli addominali scolpiti e i capelli sempre alla moda, anche quando erano fuori posto. Compiuti i diciotto anni, sarebbe diventato un indossatore di successo vero e proprio, magari per Dolce & Gabbana o per Valentino. Mentre Jack... Jack sarebbe rimasto sempre lì, a Soulsport, a sognare di essere Stuart. Sognava di essere bravo come lui, di segnare il punto decisivo per la squadra, di rimorchiare ragazze con una sola occhiata, e di sfilare davanti al flash di migliaia di fotocamere. E Jack era così abituato ad aprire gli occhi soltanto per guardare gli altri, che finì col non accorgersi mai di quello che accadeva davvero accanto a lui, nel lento trascorrere degli anni. Non venne a sapere che Stuart, dopo aver compiuto diciotto anni, era morto di overdose sulla panchina di un parco pubblico, più solo di un senzatetto, né si accorse che Melissa, la sua vicina di banco all'università, lo guardava impacciata, arrossendo quando i loro sguardi si sfioravano. E fu così che Jack si addormentò per non risvegliarsi mai più. Alcuni dicono di averlo visto correre lungo i binari, mentre da lontano sopraggiungeva il fischio rabbioso di una locomotiva. Altri giurano di averlo visto buttarsi dal ponte nelle acque nere del fiume. Ne parlano tutti distrattamente, come se Jack fosse soltanto un sogno e non una persona esistita davvero. Credo che nessuno potrà mai sapere la verità. Il mondo non ti aspetta. Questa è l'unica verità.

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