mercoledì 9 ottobre 2013

Figli del mare

In ricordo della tragedia avvenuta a Lampedusa. Credo non serva aggiungere altro.





Il sole è sopra la mia testa. Brucia. La mia pelle è salata e anche lei brucia. Non mi fa dormire. Mi guardo attorno e vedo solo mare, non un albero, non una montagna, non una casa. La mia l'ho lasciata alle spalle, insieme al passato e alla mia famiglia, che non so se rivedrò mai più. Non ho più né un passato né un presente. Cerco un futuro ma qui vedo solo mare, sempre e solo mare, fermo, morto. Silenzio. Vorrei piangere, ma non ne ho la forza. Tutto mi è un peso. Mi giro. Dietro di me uomini come me, esattamente uguali a me. Hanno il viso come il mio, ed è lo stesso di tutti gli altri uomini. Anche loro hanno la pelle che brucia e gli occhi rossi, stanchi. E' come se fossimo tutti fratelli, perché la speranza ci unisce. Eppure è una speranza che fa male. Anche lei brucia, come il sole, come il sale, come la povertà. Una donna mi sorride e con quel gesto mi fa capire che siamo tutti figli del mare. Cala la notte. Il sole se ne va. Adesso abbiamo freddo e ci stringiamo ancora di più gli uni agli altri, finché diventiamo una cosa sola. Non ho neppure la forza di dormire. Terra. Qualcuno grida. Terra. La vedo anch'io. Ci sono delle luci in fondo e sembrano stese sull'acqua come un filo di perle. Alcuni di noi prendono una coperta. Vogliono segnalare la nostra presenza agli uomini che vivono nella Terra dei Sogni, laggiù, dove ci aspetta il futuro. Una fiamma si accende, ma è troppo fuoco. Troppo fuoco. Tutto brucia ancora una volta. Le fiamme mi circondano. L'odore del cherosene e del fumo mi soffocano, mi fanno vomitare. Nella barca non ho scampo, nessuno ha più scampo. Devo tuffarmi. Mi getto nell'acqua nera, che mi inghiotte come un sudario, e non vedo più niente.


Chi mi salverà adesso?

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